L’eruzione del Vesuvio che nel 79 d.C. seppellì e consegnò alla Storia Pompei ed Ercolano carbonizzò anche centinaia di antichi testi nella biblioteca di una lussuosa dimora: un tesoro archeologico di incommensurabile valore che da tempo gli scienziati cercano di decifrare.
I papiri arrotolati e sigillati dai materiali vulcanici sono oggi impossibili da “srotolare”, ma qualcosa sul loro contenuto sta cominciando a emergere grazie a programmi di intelligenza artificiale che studiano le immagini ai raggi X dei preziosi documenti. Ora un gruppo di ricerca ha lanciato una gara internazionale per invitare altri scienziati a cimentarsi nella sfida e riuscire così a leggere qualche passaggio in più dei rotoli di Ercolano.
UN ENIGMA PER L’UOMO E PER L’IA. Già diversi anni fa un team di ricerca guidato dal CNR di Napoli, in collaborazione con l’Institut de recherche et d’histoire des textes di Parigi, era riuscito a leggere qualche parola su due dei papiri di Ercolano usando la tecnica della tomografia a raggi X a contrasto di fase, che aveva permesso di distinguere alcune lettere dell’alfabeto greco sui documenti grazie alla differenza di spessore data dall’inchiostro (ne avevamo scritto qui).
Negli anni altri gruppi di ricerca si sono cimentati nella sfida di svelare il contenuto dei papiri usando metodi non invasivi. Brent Seales, informatico dell’Università del Kentucky, ha addestrato un algoritmo di machine learning a “vedere” le sottili differenze nella struttura del papiro nelle immagini ai raggi X – un compito in cui un software può riuscire molto meglio rispetto all’occhio umano.
L’UNIONE FA LA FORZA. Da qui l’idea di lanciare la Vesuvius challenge: il gruppo di lavoro di Seales ha scelto di rilasciare gratuitamente il software insieme a migliaia di immagini ai raggi X in 3D di due rotoli e tre frammenti di papiri di Ercolano conservati all’Institut de France a Parigi. I documenti, così come quelli studiati in precedenza, fanno parte della collezione di testi trovati nella biblioteca della Villa dei Papiri di Ercolano, forse appartenuta a Lucio Calpurnio Pisone Cesonino, suocero di Giulio Cesare, e venuta alla luce durante gli scavi del 1752.